L'unione fa la forza. Moda e bellezza si alleano con la scienza contro il tumore dell'ovaio

Per tutto il mese di aprile, grazie all'accordo tra Fondazione Humanitas per la Ricerca e Rinascente, lo shopping diventa più consapevole e utile. Obiettivo: correre più veloci della malattia

di Romeo Ricci

Lo shopping può essere davvero terapeutico. A piccole dosi e senza diventarne dipendenti abbassa l'ansia e lo stress, aiutando anche a mantenersi in forma, e, adesso, può diventare anche utile per una buona causa.

Per il secondo anno consecutivo, infatti, Rinascente - nota "collezione di negozi" presenti in tutto lo Stivale- sostiene i progetti al femminile di Fondazione Humanitas per la Ricerca.
Per tutto il mese di Aprile, il 10% del ricavato degli acquisti effettuati negli spazi dei Beauty Bar di Piazza Duomo a Milano e nei punti vendita di Monza e Catania, sarà devoluto a studi innovativi nell’ambito del Progetto Pink Union per contrastare il tumore dell’ovaio e del seno.

Anche un piccolo acquisto può aiutare tante donne affette da questa neoplasia. Secondo i dati, in Italia oggi sono solo 49.800 le donne ancora viventi dopo una diagnosi di tumore dell’ovaio. Troppo poche. Per invertire la rotta la ricerca punta su due armi:

-la possibilità di anticipare la diagnosi della malattia e delle sue recidive
Purtroppo, nell’80% dei casi, a causa della sua asintomaticità, il tumore dell’ovaio viene diagnosticato tardivamente, in stato già avanzato o metastatico. Intercettarlo prima e riconoscerne le diverse tipologie, rendendolo più facilmente curabile, sono gli obiettivi di alcuni progetti di Ricerca condotti dal prof. Maurizio D’Incalci, responsabile del Laboratorio di Farmacologia antitumorale di Humanitas e docente di Humanitas University e il suo team di ricercatori.

- la possibilità di predire l’efficacia individuale di alcune terapie innovative, come gli inibitori dell’enzima PARP (Parp-inibitori), efficaci nel controllare la malattia in alcune tipologie di pazienti.
La capacità di identificare le pazienti che presentano questa forma di malattia e la reazione alle cure diventa fondamentale. Per farlo, i ricercatori stanno mettendo a punto la biopsia liquida, un sistema poco invasivo per la paziente, maneggevole per il clinico e a basso costo per il sistema.
«L’obiettivo è rilevare nel plasma sanguigno, anziché nei tessuti tumorali, come normalmente accade, elementi che aiutino a capire se una paziente sta rispondendo positivamente alla terapia o se invece occorra virare verso un’altra opzione terapeutica. Lo studio, in particolare, ci permetterà di validare l’efficacia diagnostica della biopsia liquida in combinazione con gli esami radiologici. Secondo i nostri dati preliminari, questo protocollo permetterebbe anche di identificare, con un anticipo di circa 4-6 mesi rispetto alle metodiche standard, il rischio di ricomparsa di malattia», spiega D’Incalci.

Accanto alla biopsia liquida, il gruppo di D’Incalci sta anche lavorando a dei progetti per la diagnosi precoce della malattia. L’obiettivo è in questo caso riconoscere la presenza delle cellule mutate prima che la massa tumorale si manifesti clinicamente. «Abbiamo già identificato la “firma molecolare” del tumore all’ovaio: è la sua instabilità genomica, del tutto peculiare. Ecco perché la misurazione di questa instabilità genomica ha grandi potenziali dal punto di vista diagnostico. Ma solo la Ricerca può trasformare questo potenziale in realtà, ecco perché è fondamentale continuare a sostenerla», conclude il professore.

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