Titolo al maschile per una trama (quasi) tutta al femminile

Daniel Deronda. La Recensione di Moreno Macchi

Moreno Macchi

«Avrei tanto voluto un naso perfettamente dritto come il tuo,
sarebbe stato perfetto per qualsiasi personaggio;
un naso per ogni ruolo.
Il mio è soltanto un naso felice,
non funzionerebbe per una tragedia.

- Ah, mia cara, in questo mondo per essere infelici va bene qualunque naso»

George Eliot
Daniel Deronda (romanzo)
Fazi Editore

In un lussuoso casinò della “molto in voga” stazione termale tedesca di Leubronn, frequentata da tutta la buona società inglese, la bellissima Gwendolen Harleth dapprima vince parecchi giri alla roulette e poi improvvisamente perde quasi tutto. Da lei non visto, Daniel Deronda l’osserva attentamente senza osare parlarle, dato che non la conosce, e che comunque la severa etichetta britannica dell’epoca non glielo consentirebbe.

Rientrata dopo la disfatta al gioco nella stanza messa a sua disposizione nella casa del barone e della baronessa Von Langen che la ospitano, la ragazza trova un’accorata lettera della madre che le annuncia un inatteso, improvviso, grave cambiamento nella loro situazione finanziaria e l’imminente, forzata partenza dalla proprietà di Offendene, affittata solo qualche anno prima e che ormai non si possono più permettere. Gwendolen lascia repentinamente Leubronn per ritrovare la madre nella campagna londinese.

Il repentino flash back che inizia il capitolo seguente ci riporta al momento in cui la famiglia della giovane sta sistemandosi proprio in quella proprietà che ora deve abbandonare per ragioni pecuniarie. Facciamo così rapidamente la conoscenza di tutti i famigliari di Gwendolen, le quattro sorelle assai meno brillanti e affascinanti di lei, la madre Fanny due volte sposata e ora vedova e gli zii e i cugini Gascoigne; veniamo inoltre a conoscenza di qualche dettaglio della loro travagliata storia passata.

Appena terminata la sua istallazione nella nuova dimora, la famiglia comincia a ricevere inviti a balli, feste e cerimonie locali, nei quali Gwndolen spicca per la sua eleganza, il suo indiscutibile e difficilmente eguagliabile fascino, la sua arguzia, il suo schietto parlare e la sua bella voce da soprano; tutte qualità che conquistano i più ma che insospettiscono alcuni (soprattutto certe signore), inducendoli a diffidare della ragazza forse fin troppo astuta, indiscutibilmente un po’ civetta e dotata di una buona dose di mordente humour tipicamente britannico ...

A una gara di tiro con l’arco tra personalità di spicco della zona in una ricca proprietà, Gwendolen conquista indistintamente tutti i presenti e fa colpo perfino su uno dei più ambiti partiti disponibili della regione, il signor Grandcourt, che il suo segretario Lush vedrebbe volentieri sposare la ricca ereditiera Arrowpoint per assicurarsi un consistente capitale che ridorerebbe il blasone dell’amico.

E aggiungiamo che, grazie a certe argute schermaglie verbali tra la giovane donna e il giovin signore, avvenute durante il ballo che ha seguito la gara, abbiamo intuito che quest’ultimo non lascia completamente indifferente la brillante ragazza … Ma il subdolo Lush e gli umori dello stravagante Grandcourt ci metteranno lo zampino …

Terminato il flash back la narrazione torna al tempo dell’inizio del romanzo, poi - con un ulteriore balzo in un passato ancora più remoto - ci permette di meglio conoscere quel Daniel Deronda che dà il titolo al romanzo e che era praticamente sparito dal momento della fuga di Gwendolen da Leubronn.

Lo ritroviamo nella vasta, ancestrale proprietà di suo zio Hugo Mallinger (pure zio di Grandcourt), bellissimo tredicenne dalla voce incantevole, intelligente, erudito per la sua età e assai curioso, solitario, ma soprattutto interessato dalla Storia, intento a leggere e a porre quesiti al suo precettore, il signor Fraser. Seguiamo poi la sua evoluzione, veniamo a conoscenza di qualche amicizia giovanile, condividiamo i suoi dubbi sulla sua misteriosa origine, visto che ignora chi siano i suoi genitori e quale strano legame lo colleghi allo zio Hugo che lo ha allevato.

Lo accompagneremo poi in alcune peripezie che la vita gli offre, tra cui il salvataggio della giovane ebrea Mirah che stava tentando il suicidio per annegamento nel Tamigi, la ragazza la cui religione trascinerà Deronda in importanti e profonde riflessioni sulla propria esistenza, sulla fede e sul destino umano. Faremo anche più ampia conoscenza con Catherine Arrowpoint e con la sua famiglia, nonché con il suo brillante spasimante e pretendente, l’eccellente pianista Herr Klessmer.

Basta, non entreremo in ulteriori dettagli.

Come in ogni grande romanzo vittoriano che si rispetti, anche Daniel Deronda dedica assai abbondante spazio all’analisi psicologica dei personaggi, alla loro evoluzione, e soprattutto all’esplorazione dell’animo femminile come solo un’autrice può farlo; allo studio delle complicate interazioni fra i vari attori dell’intrigo, alle descrizioni dettagliate di fatti, antefatti, abiti, acconciature, gioielli, atmosfere e ambienti. Esso domanda quindi al lettore attenzione e … tempo. Però come tutti i testi importanti della letteratura (quella vera) può procurare spunti di riflessione, suscitare idee, emozioni e anche sicuramente piacere nel lettore paziente, attento e appassionato.

Concludendo, questo non è certo un romanzo per lettori frettolosi o per gli amanti dell’azione mozzafiato, né del resto per i fan dei popolarissimi e gettonatissimi thriller ultimamente di gran moda.

Che le 948 pagine del volume non vi facciano quindi paura; ne valgono la pena!

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