Ecce Caravaggio,
 un viaggio tra i capolavori di un genio dell’arte

A Palazzo Barberini, a Roma, è in corso fino al 6 luglio quella che è senza alcun dubbio la mostra dell’anno: Caravaggio 2025. Una visita attraverso la contemporaneità dell’artista, riscoperta dalla sensibilità del nostro tempo. Da non perdere.

Di Antonella Montesi 24 aprile 2025

 

Michelangelo Merisi, detto Caravaggio. Un nome, un cognome e uno pseudonimo entrati ormai nell’immaginario collettivo. La passione per l’artista non conosce ostacoli, gode di una trasversalità difficile da ritrovare in altri pittori. Caravaggio viene sentito vicino, in qualche modo accessibile, senz’altro universale nel linguaggio adottato nelle sue opere. La mostra romana è speciale per vari motivi: è uno dei progetti più importanti dedicati all’artista negli ultimi anni; è curata da grandi esperti, Francesca Cappelletti, direttrice della Galleria Borghese, Maria Cristina Terzaghi, storica dell’arte, e Thomas Clement Salomon, direttore delle Gallerie Nazionali di Arte Antica Palazzo Barberini-Galleria Corsini; presenta un eccezionale numero di dipinti autografi ed opere difficilmente visibili perché conservate in lontani musei americani o in collezioni private, alcune sono addirittura delle nuove scoperte, come l’Ecce Homo e non da ultimo perché si tiene in uno dei luoghi simbolo della connessione tra l’artista ed i suoi mecenati, Palazzo Barberini.

Ventiquattro quadri in ordine cronologico

Il nome della mostra non commemora nessun anniversario particolare legato all’artista, quel 2025 è invece un riferimento esplicito all’attuale Giubileo, evento al quale l’esposizione si riallaccia, tenendosi a Roma dove quest’anno si recheranno milioni di pellegrini per l’anno giubilare, ma come sottolineato dalla storica dell’arte Francesca Cappelletti, richiama anche il momento dell’esordio artistico di Caravaggio a Roma, fra il 1599 e il 1600, altro contesto giubilare, che rende la scelta del titolo più che giustificata.

Il percorso espositivo si snoda tra ventiquattro quadri ed è organizzato in ordine cronologico, anche se alcune opere suggeriscono un percorso tematico, come ad esempio quello dei ritratti. Si comincia con i primi lavori, Il Bacchino malato, Narciso, e già nella prima sala si viene folgorati da I bari, opera commissionata dal Cardinal Francesco Maria del Monte, uomo di grande cultura e appassionato d’arte, che diventerà uno dei suoi più grandi mecenati e grazie al quale Caravaggio otterrà l’incarico di dipingere la Cappella Contarelli, nella chiesa di San Luigi dei Francesi, adiacente alla dimora del cardinale, Palazzo Madama, sede attuale del Senato, e per il quale Caravaggio dipingerà il ciclo su San Matteo, tra cui La vocazione di San Matteo, opere che trasformeranno per sempre il corso della storia della pittura, imprimendo un nuovo significato alla luce.

 

La vocazione di San Matteo.

 

La mostra propone un audace confronto fra due ritratti dello stesso personaggio, il cardinale Maffeo Barberini, futuro Papa Urbano VIII, uno di attribuzione certa ed uno di attribuzione recente e più dibattuta. Nel primo, l’impressione è quasi quella di essere di fronte ad un ritratto moderno, caratterizzato da una profonda intensità psicologica, dove, eliminato qualsiasi particolare superfluo, Caravaggio si concentra sulle mani, sullo sguardo, sul rotolo di pergamena e sulla lettera stretta in mano.

Il San Giovanni Battista, che Caravaggio ha dipinto in diversi momenti della sua vita, nella mostra è presente in due dipinti. Quello di Caravaggio è un San Giovanni ben lontano dall’iconografia classica: è un giovane ragazzo vestito solo di un panno bianco ed un mantello rosso, al posto della tradizionale pelliccia di cammello. Scompaiono anche il deserto, suo ambiente iconico, sostituito da una foresta scura, e l’agnello. Anche se recenti indagini radiografiche hanno rilevato la presenza di un agnello in alto a sinistra, poi rimosso.

Lo stupore del pubblico aleggia nell’aria

L’altro vero protagonista di questa mostra è il pubblico. Perché è numeroso e perché è eterogeneo. Non ci sono limiti di età, dalle scolaresche ai gruppi senior, né di nazionalità, un campionario mondiale. Lo stupore aleggia nell’aria. Difficile in parte muoversi se si capita tra gruppi di turisti, le visite guidate di qualche vip o presunto tale, pure questi sempre a gruppetti.

Osservare chi osserva è una delle cose più «meta», nell’accezione greca di «oltre», che si possano fare. È un po’ anche una prova di coraggio, un guardarsi allo specchio ed immaginare come siamo noi e come ci vedono gli altri mentre ci avviciniamo a un quadro, lo guardiamo da destra e poi da sinistra o viceversa, da lontano, cerchiamo di fotografarlo. Ma io già a metà mostra metto via il cellulare e decido di godermi il momento, mentre un signore romano, molto disinvolto, senza nessuna pretesa intellettuale, con fare simpatico, si sofferma a lungo davanti alla Cena di Emmaus e non senza una punta d’orgoglio, ci tiene a dire «io abito qui vicino», come a dire, Caravaggio è roba mia, è di casa.

La meraviglia che coglie tutti è quella di trovarsi faccia a faccia con opere e personaggi che si conoscono da libri d’arte, enciclopedie, manifesti, ed improvvisamente sono lì, davanti a te, uno accanto all’altro, Bacchino e San Giovanni, San Paolo convertito e Giuditta che decapita Oloferne, bari e cardinali che diventeranno papi.

 

Il Bacchino malato.

Ecce Homo, il Caravaggio ritrovato.

 

«Ecce Homo», un caso mondiale

E poi ti trovi davanti a Ecce Homo, il celebre Caravaggio ritrovato. Esposto per anni nel salotto madrileno di una sconosciuta signora, discendente di un pittore, dopo un trasloco, attribuito per errore o per furbizia a un pittore spagnolo minore, nel 2021 viene messo all’asta a Madrid per 1500 euro. Improvvisamente viene ritirato dall’asta, dopo che alcuni esperti vi riconoscono un’opera di Caravaggio. L’Ecce Homo, ormai attribuito con certezza a Caravaggio, era arrivato in Spagna nel Seicento con la collezione d’arte dell’allora Viceré di Spagna.

Dopo la tormentata attribuzione caravaggesca nel 2021, le cose si complicano: l’opera non può lasciare la Spagna, poi però si viene a sapere che è stata venduta a un misterioso acquirente per 36 milioni. Si vocifera di un emiro che tiene l’opera sepolta in un caveau in un qualche paese arabo. Dopo varie vicissitudini che non mancano di coloriture da thriller, ed infatti ne è stato tratto un docu-thriller Il Caravaggio perduto di Àlvaro Longoria, oggi, dopo quattro secoli, l’opera è tornata in Italia. L’Ecce Homo, insieme a La cattura di Cristo sono le uniche opere di questa mostra ad essere guardate a vista e a non poter essere fotografate.

La scoperta della luce: ingagliardire gli oscuri

Caravaggio è tante cose, una vita vissuta intensamente e pericolosamente che lo porterà a morire a trentanove anni dopo una condanna a morte per omicidio ed anni di fughe ed esilio, anche se, come afferma sempre la studiosa Francesca Cappelletti, altre biografie di artisti del Seicento romano presentano condanne e vite vissute al limite come quella di Caravaggio, ma questa sua immagine legata ad una dimensione romanzesca non va del tutto rifiutata, perché è quella che ci ha permesso di riscoprirlo.

Caravaggio è soprattutto colui che reinventa la pittura creando una raffigurazione completamente nuova della luce e del suo ruolo. Inizierà a ingagliardire gli oscuri, come detto con efficacia da Giovanni Pietro Bellori, suo biografo, vale a dire a introdurre nei suoi quadri potenti contrasti di luce e di ombre. Una tecnica che giunge a piena maturazione nel ciclo pittorico dedicato a San Matteo nella cappella Contarelli, nella chiesa di San Luigi dei Francesi, dove Caravaggio, seguendo un preciso impianto tematico, sublima quel raggio di luce, quasi divina, che penetra nelle tele dando vita al dramma dei personaggi.

 

Flagellazione di Cristo.

Santa Caterina d’Alessandria.

 

Perché ci piace Caravaggio?

È con la mostra del 1951 a Palazzo Reale a Milano, a cura dello storico d’arte Roberto Longhi, che Caravaggio, per anni artista dimenticato, caduto in un oscuro oblio, viene riscoperto. La mostra segnerà uno spartiacque importante nella riscoperta dell’artista. Il 1951 è anche l’anno del saggio di Bernard Berenson Caravaggio, dal sottotitolo emblematico «delle sue incongruenze e della sua fama», nel quale Berenson parlerà dei «valori tattili» delle sue raffigurazioni, ovvero dei segni sensoriali del colore e dei toni e di quelli sensibili della forma e del movimento.

Caravaggio, dopo secoli di oblio e di condanna, a metà Novecento torna ad essere oggetto di un nuovo interesse artistico e di pubblico. In particolare, la mostra di Longhi riavvicinerà l’artista al pubblico. Caravaggio sarà anche oggetto del ciclo di lezioni di Longhi, ad inizio anni Quaranta, alla cattedra di Storia dell'Arte Medievale e Moderna all'Università di Bologna. Ed è proprio a Bologna, dove un altro intellettuale, forse proprio grazie alle lezioni di Longhi, scoprirà Caravaggio: Pier Paolo Pasolini, studente di Lettere a partire dal 1942, appena ventenne.

Oggi la critica caravaggesca più moderna non manca di accostare i due artisti, lontani per epoca e competenze ma vicini per attitudine alla vita: Pasolini e Caravaggio, due ragazzi di vita, come il titolo del famoso romanzo dello scrittore friulano sui ragazzi delle borgate romane. Tanti i parallelismi fra i due artisti, entrambi in lotta contro ostracismi analoghi in nome di una libertà intellettuale, difesa a caro prezzo con la morte, che hanno innescato polemiche attraverso le loro modalità artistiche e di vita.

Entrambi rifiutano i canoni vigenti: Caravaggio si serve della gente del popolo, cortigiane, avventori di bettole, per ritrarre vergini e santi; Pasolini fa parlare gli ultimi, i figli del sottoproletariato urbano, questo sono i suoi ragazzi di vita. Osservate la scena della morte di Ettore, in Mamma Roma, sempre accostata al Cristo morto del Mantegna: non vi fa pensare a personaggi rozzi e inadeguati, come il Bacchino malato del Caravaggio, al quale l’attore Ettore Garofalo, il protagonista del film di Pasolini, somiglia in maniera impressionante?

La contemporaneità di Caravaggio è stata riscoperta dalla sensibilità del nostro tempo: è il Novecento a restituire significati e importanza alla sua opera, non il Settecento in preda all’Illuminismo, né l’Ottocento, intriso di Romanticismo. Caravaggio viene riscoperto in un’epoca, il Novecento appunto, improntata ai valori della realtà, del popolo, della lotta di classe.

Ogni secolo sceglie i propri artisti: Caravaggio ci piace, ci parla, lo sentiamo vicino, uno di noi, perché è vicino alle nostre paure, alle nostre emozioni. Un esempio fra tutti? La bellissima e celebre cortigiana Fillide Melandroni, che dona il proprio volto ai dipinti Marta e Maria Maddalena, Giuditta e Oloferne, e Santa Caterina d’Alessandria, ci guarda con un’espressione contemporanea, eppure è una donna del proprio tempo, ma anche del nostro e questo la rende universale, come la prodigiosa arte di Caravaggio, immenso artista.

 
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