La Consulta ha parlato, ma non ha detto niente

Sollecitata da ben quattro tribunali, nel bel mezzo dell’estate la Corte costituzionale si è espressa in merito allo ius sanguinis, ma tutte le richieste, così come presentate, erano «inammisibili». Rimane dunque tutto da rifare.

Di Guido Gozzano 4 agosto 2025

 

Quattro tribunali — Bologna, Roma, Milano e Firenze — chiedono alla Corte costituzionale di introdurre nuovi requisiti selettivi per evitare il moltiplicarsi di cittadini italiani iure sanguinis e il giudice delle leggi risponde, lo scorso 31 luglio, che non è possibile, non può farlo.

Tale richiesta è «inammissibile», spiega, perché condurrebbe a una «sentenza manipolativa», la Consulta cioè dovrebbe far ricorso a «criteri del tutto estranei ai principi costituzionali», scelti fra più possibili opzioni «connotate da un ampio margine di discrezionalità».

Esempio: «l’effettività» del legame culturale e linguistico, sollevata dal tribunale di Bologna nel novembre 2024, difetta di «sostanziale identità di situazioni»: un presunto vizio di incostituzionalità non sarebbe accertabile. Così per tutte le altre istanze presentate dai quattro tribunali.

Gli stessi hanno poi chiesto alla Corte di pronunciarsi in merito alla legge Tajani che ha posto limiti alla cittadinanza iure sanguinis. Una richiesta che però, così come è stata presentata, spiega la Consulta, esulava dalle «questioni di incostituzionalità sottoposte al suo esame», e cioè dalle sue competenze.

 
Corriere dell’italianità


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