«Marcinelle è la nostra storia, scritta sotto terra e pagata con la vita»
Una delegazione del Partito democratico (Pd) si è recata a Marcinelle per ricordare «una ferita ancora aperta, un monito per il presente, un dovere per il futuro».
Di Redazione 8 agosto 2025
Da sinistra: Luciano Vecchi, responsabile «Italiani nel mondo», Toni Ricciardi, deputato, e Andrea Crisanti, senatore.
Formata da Toni Ricciardi, vicepresidente del gruppo parlamentare alla Camera, , Andrea Crisanti, senatore e Luciano Vecchi, responsabile «Italiani nel mondo», una delegazione del Pd nazionale ha onarato la memoria delle vittime, 262 minatori di cui 136 italiani, deceduti l’8 agosto 1956 nell’incendio della miniera di Marcinelle in Belgio. Era presente anche un’ampia rappresentanza della Federazione Pd Belgio, guidata dalla segretaria Teresa Iurillli, e dalla presidente Nadia Buttini.
«Essere oggi a Marcinelle – si legge in una nota diffusa dal Pd – significa onorare la memoria dei caduti, ma anche ricordare che ancora oggi si muore troppo spesso sul lavoro. Significa ribadire con forza che la sicurezza non è un costo, ma un diritto. Che ogni vita umana persa per colpa del profitto, dell’incuria o dell’indifferenza è un fallimento collettivo. Noi – prosegue il Pd – non possiamo, non dobbiamo dimenticare a testimonianza di quanto è stato pregnante e fondamentale il lavoro delle italiani e degli italiani nel mondo».
Intervenendo alla Camera per la commemorazione delle vittime, Toni Ricciardi, storico, autore nel 2016 del libro Marcinelle. Quando la vita valeva meno del carbone (Donzelli), ha dichiarato: «La tragedia di Marcinelle è figlia della migrazione indotta. Nel 1946 il ministero del Lavoro promosse una campagna a tappeto, con un manifesto rosa, che invitava a partire per il Belgio. Il 23 giugno di quell’anno un accordo tra l’Italia e il Belgio prevedeva uno scambio terribile: 50mila minatori italiani in cambio di carbone, 200 kg per ogni lavoratore. Quell’8 di agosto del 1956 erano scesi nella miniera in 274, ben 262 non fecero più ritorno in superficie. ‘Tutti cadaveri’ furono le parole di Angelo Berti. Erano le 3.25 del mattino del successivo 23 agosto quando ogni speranza rimase seppellita».
Prosegue il deputato: «A Marcinelle si ritrovano i nomi di sempre: Antonio, Giuseppe, Angelo, e soprattutto i nomi del tempo: Primo, Secondo. Cinque furono i Rocco che perirono un chilometro sottoterra. Per cosa sono morti? Certamente non per il carbone. Già nel 1951 quello belga fu sostituito da quello americano che arrivò grazie al Piano Marshall. Morirono per produrre energia, come nove anni dopo a Mattmark, in Svizzera, dove il 30 agosto del 1965 si consumò l’ultima tragedia dell’emigrazione italiana, della quale quest’anno ricordiamo i 60 anni. Una lunga scia di sangue. Una lunga linea rossa che si trascina fino ai nostri giorni, se pensiamo che ancora nel 2012 per il fondo malattie professionali belga la silicosi era ancora la prima causa di morte».