I numeri e i meriti del «Rapporto italiani nel mondo»
La XX edizione - 636 pagine in formato cartaceo - stata composta da 70 autrici e autori che, dall’Italia e dall’estero, hanno lavorato a 45 saggi su 26 Paesi, ha il merito di aver fatto uscire il tema dalle nicchie specialistiche, raccontando un’Italia in continua trasformazione.
Di Redazione 26 novembre 2025
Giunto alla ventesima edizione, il Rapporto italiani nel mondo della Fondazione Migrantes, organismo pastorale della Conferenza episcopale italiana (Cei), è una importante e articolata ricerca, realizzata dal 2006 da decine di autrici e autori, storici e esperti, con il coordinamento della sociologa Delfina Licata.
Nel dettaglio, la XX edizione - 636 pagine in formato cartaceo - è stata composta da 70 autrici e autori che, dall’Italia e dall’estero, hanno lavorato a 45 saggi su 26 Paesi. Il saggio sulla Confederazione elvetica, con il titolo Svizzera. Una “piccola” destinazione per una complessa realtà migratoria è di Toni Ricciardi, storico delle migrazioni all’Università di Ginevra e deputato Pd al Parlamento italiano, sin dagli albori coinvolto nell’elaborazione del Rapporto.
Grazie al patrimonio di idee e dati accumulato, il Rapporto ha il merito di aver fatto uscire il tema dalle nicchie specialistiche, raccontando un’Italia in continua trasformazione. A Roma, lo scorso 11 novembre, la XX edizione è introdotta da monsignor Pierpaolo Felicolo, direttore generale della Fondazione Migrantes, e da Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede; le conclusioni sono presentate da monsignor Gian Carlo Perego, presidente della Commissione episcopale per le migrazioni della Cei, che ha dichiarato: «Questa Italia non può avere come risposta solo il decreto legge del 28 marzo 2025, convertito nella Legge n. 74 del 23 maggio 2025, che ha introdotto modifiche al principio dello ius sanguinis, limitando la cittadinanza automatica a due generazioni di discendenza, con qualche eccezione. Al contempo, è stato bocciato un referendum sulla riduzione dei tempi della cittadinanza da 10 a 5 anni, anche per il 65% dei bambini nati in Italia da genitori di altre nazionalità e che frequentano le nostre scuole: uno strabismo legislativo».