Allerta Mediterraneo, biodiversità a rischio

Il nostro oceano in miniatura è l’area più colpita dalla crisi climatica, in cui quest’estate si è alzato il livello di allerta per via del surriscaldamento delle acque, oggi pericolosamente connesso all’azione pluridecennale dell’inquinamento e del sovrasfruttamento della pesca. Per evitare il collasso degli ecosistemi sono in corso diversi progetti per ripristinare le risorse naturali.

Inchiesta di Antonio Schembri Palermo 20 agosto 2025

 

Un carosello di colori su uno sfondo turchino. È ancora questo il biglietto da visita del Mediterraneo, mare «di mezzo» tra Europa, Africa e Asia. Nonostante tutto. Malgrado cioè gli effetti dell’inquinamento pervasivo, del sovrasfruttamento costiero e dell’impatto di una pesca da decenni eccessiva, non più selettiva e sostenibile come lo è stata per secoli.

Mare complesso. Con solo l’1% della superficie acquea totale, il Mediterraneo è tra i più piccoli del globo; ma la sua biodiversità, con circa 17mila specie, è tuttora formidabile. Spazio blu identificato senza aggettivi possessivi dai navigatori Fenici, al quale invece Greci e Romani si rivolgevano con appellativi d’appartenenza, Thalassa hé hémetera e Mare Nostrum, entrambi per «nostro mare».

Numero uno mondiale dei mari per fascino storico-archeologico, è ancora il più vasto «museo vivente» del pianeta. Un immenso patrimonio, stabilisce la Convenzione Onu firmata a Parigi nel 2001 a tutela dei beni storici sottomarini, che andrebbe valorizzato, ove possibile, direttamente in situ, sott’acqua. In Sicilia lo si fa da circa vent’anni con gli «itinerari archeologici sommersi» istituiti dalla Soprintendenza del Mare, da quando l’archeologo Sebastiano Tusa, scomparso in un incidente aereo nel 2019, cominciò a progettarli e a promuoverli. Oggi se ne contano ventisei.

Ma il Mediterraneo è oggi un bacino marino in sofferenza. Minacciato dal riscaldamento climatico, non solo dall’inquinamento delle grandi navi, dai veleni delle industrie costiere, e offeso dalle reti di plastica abbandonate, frammentate, sminuzzate dal moto ondoso.

La temperatura delle sue acque è in crescita, e preoccupa la continuità di questo stato febbrile. Dalle indagini in corso arrivano dati allarmanti, in primis dalla campagna Med Fever, avviata nel 2021 dalla ricercatrice marina Eleonora De Sabata con i termometri sparsi nel Tirreno fra venti e cinquanta metri di profondità: ma già a soli cinque metri, a giugno, la temperatura ha toccato i 29 gradi.

Dove? Nel Golfo di Napoli e nella costa tirrenica del mare siciliano, dalla Secca della Formica al largo di Porticello, a Palermo, ai fondali dello Stretto di Messina antistanti il borgo marinaro di Torre Faro. Un dato in linea con quello registrato nel luglio degli ultimi due anni nelle acque del capoluogo siciliano, dove si erano raggiunti i 30 gradi, rammenta De Sabata. Il riscaldamento avviene a un ritmo del 20% più veloce rispetto alla media globale.

L’inchiesta, pubblicata nell’edizione di settembre 2025, è riservata agli abbonati del giornale cartaceo. Acquista un abbonamento annuo (qui), ti inviamo volentieri a casa a titolo gratuito il numero di giugno. Basta che tu lo richieda espressamente quando ti abbonerai.

 
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