Referendum, quattro quesiti per «restituire dignità al lavoro»
I sindacati e le associazioni che hanno promosso i quesiti abrogativi dell’8 e 9 giugno su licenziamenti, contratti a termine e sicurezza puntano a correggere il Jobs Act, la legge approvata nel 2015 che ha reso i lavoratori meno protetti e più vulnerabili.
Di Guido Gozzano 1 maggio 2025
1. Ripristinare la tutela in caso di licenziamento illegittimo
Il primo dei quattro referendum sul lavoro punta sull’abrogazione della disciplina sui licenziamenti del «contratto a tutele crescenti» del Jobs Act, la controversa riforma del lavoro del governo di Matteo Renzi. Nelle imprese con più di quindici dipendenti, le lavoratrici e i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 in poi non possono rientrare nel loro posto di lavoro dopo un licenziamento illegittimo.
Sono oltre 3 milioni e 500mila, e a tutti loro la normativa attuale impedisce il reintegro anche nel caso in cui il giudice dichiari ingiusta e infondata l’interruzione del rapporto. Un numero che aumenterà nei prossimi anni. Il referendum chiede allora di ripristinare la tutela in caso di licenziamento illegittimo, abolito con il Jobs Act. Un lavoratore licenziato ingiustamente potrebbe dunque essere reintegrato nel proprio posto di lavoro.
Negli ultimi anni il Jobs Act è stato ridimensionato da diverse sentenze emanate dalla Consulta e dal cosiddetto «Decreto Dignità». I sindacati e le associazioni che hanno promosso il referendum avvertono che il sì al Quesito 1 ripristinerebbe definitivamente la tutela dei lavoratori.
2. Maggiori indennità per licenziamento illegittimo nelle piccole imprese
Il secondo quesito referendario sul lavoro riguarda l’abolizione del tetto all’indennità nei licenziamenti nelle «piccole imprese», ossia le aziende con meno di 16 dipendenti. Oggi in caso di licenziamento illegittimo, un lavoratore può ottenere al massimo sei mensilità di risarcimento, anche qualora il giudice reputi infondata l’interruzione del rapporto. Il quesito riguarda 3 milioni e 700mila dipendenti.
Con questo referendum, si punta a restituire al giudice la piena discrezionalità nel determinare l’ammontare del risarcimento, senza alcun limite imposto, in base alla gravità della violazione in caso di licenziamento abusivo, della capacità economica dell’azienda, dei carichi familiari e dell’età della lavoratrice e del lavoratore.
Il limite attuale di sei mesi di indennità, unito alla difficoltà generalizzata di ritrovare un impiego in Italia, tiene i dipendenti delle piccole imprese in uno stato di forte soggezione. L’obiettivo del Quesito 2 si inserisce nel quadro generale del voto, ossia innalzare le tutele di chi lavora. Abrogando il limite attuale, per i sindacati, si esprime un sì a favore delle generazioni future.
3. Ridurre la piaga del precariato rendendo il lavoro più stabile
Il terzo quesito punta all’eliminazione di alcune norme sull’utilizzo dei contratti a termine per ridurre la piaga del precariato. In Italia circa 2 milioni e 300 mila persone hanno contratti di lavoro a tempo determinato. I rapporti a termine possono oggi essere instaurati fino a dodici mesi senza alcuna ragione oggettiva che giustifichi il lavoro temporaneo. L’obiettivo è di rendere il lavoro più stabile.
Come? Ripristinando l’obbligo delle cosiddette «causali» per il ricorso ai contratti a tempo determinato. Le causali, in un contratto a termine, sono le motivazioni per cui quello stesso contratto viene stipulato. Servono dunque a spiegare perché il datore di lavoro ha scelto di assumere il lavoratore a tempo determinato anziché in un’altra tipologia di contratto.
L’attuale disciplina si connota per la «a-causalità», ossia la mancanza di condizioni limitative e dunque di una ragione giustificata obiettiva e temporanea verificabile dal giudice dei contratti di durata non superiore ai dodici mesi. Infatti, ricorre l’obbligo di causale per i soli contratti oltre un anno. Per i promotori del referendum, il sistema in vigore favorisce l’aumento del lavoro precario.
4. Salute e sicurezza: al lavoro: estendere la responsabilità delle imprese
Il quarto quesito referendario si occupa di salute e sicurezza sul lavoro. Le norme attuali impediscono, in caso di infortunio negli appalti, di estendere la responsabilità all’impresa appaltante. Il quesito propone di abrogare alcune norme che, secondo i promotori, limitano la responsabilità delle aziende in materia di prevenzione degli infortuni. L’intento è quello di rafforzare le tutele per i lavoratori. La soluzione consiste nell’aumentare le misure preventive e nell’estendere la responsabilità dei datori di lavoro.
L’utilizzo della responsabilità solidale – che il referendum mira a ripristinare nella sua totalità – è la regola di base generale volta a impedire che le diverse forme di decentramento produttivo si risolvano nella limitazione delle tutele del lavoro, facendo sì che il committente si rivolga ad appaltatori solidi finanziariamente e in regola con le norme antinfortunistiche.
Con questo quesito, i sindacati e le associazioni che hanno promosso questo ampio ciclo referendario chiudono un repertorio di quattro sistemi correttivi della normativa vigente a favore delle lavoratrici e dei lavoratori di oggi, ma soprattutto delle generazioni future.