Le criticità e il profilo di incompatibilità costituzionale della legge Tajani

La cosiddetta legge «tagliola» che recide il filo dell’italodiscendenza all’estero crea un fenomeno di «denaturalizzazione di massa», circoscritta ai soli individui nati all’estero e in possesso di altra cittadinanza, quasi fossero nemici della patria.

Di Guido Gozzano 24 giugno 2025

 

La cittadinanza italiana è un diritto che ormai per legge si trasmette soltanto in patria o dalla patria, ma non più all’estero. Ecco in sostanza il significato del provvedimento che recide come una scure - i giuristi parlano di «tagliola» - il filo dell’italodiscendenza nel mondo. Il governo ha deciso che non saranno più considerati cittadini italiani tutti coloro che sono nati all’estero dopo il 29 marzo 2025, data dell’entrata in vigore della legge. È escluso anche chi è nato all’estero prima di questa data, salvo se in precedenza è divenuto italiano, oppure ha presentato una domanda o istanza entro la mezzanotte del 27 marzo 2025 (scadenza specificata nel testo).

È quest’ultimo il meccanismo forse più perverso, «palesemente incostituzionale», secondo il deputato Pd Toni Ricciardi, consistente nell’ingiusta applicazione, immediata, retroattiva e inaspettata, anche nei confronti di coloro che sono nati prima della sua entrata in vigore. «L’acquisizione della cittadinanza iure sanguinis non può essere stabilita in base a una data, ma sussiste alla nascita», sottolinea l’esponente dem. Qualsiasi forma di retroattività, a suo parere, è illegittima ai sensi della Costituzione. Oggi 24 giugno, la Consulta iniziava l’esame del profilo di incostituzionalità della legge Tajani: la decisione sarà in principio resa entro la fine dell’estate.

L’altra criticità è la condizione della nascita in Italia, «un vero e proprio abominio, dal momento che il luogo di nascita è un dato del tutto legato a fattori casuali». La trasmissione è inoltre possibile attraverso chi possiede «esclusivamente» la cittadinanza italiana, una norma che mette a repentaglio il principio della doppia cittadinanza introdotto nel 1992 per favorire la mobilità e il processo di integrazione fra i Paesi membri della nascente Unione europea. «Un vero e proprio salto nel passato», commenta Ricciardi, lui stesso titolare di una doppia cittadinanza italo-svizzera. La legge è un pastrocchio che produrrebbe una situazione paradossale, per cui i diretti discendenti di un deputato della Repubblica italiana rischierebbero di non essere cittadini italiani.

Spezzando il filo dell’italodiscendenza si crea un fenomeno di «denaturalizzazione di massa», circoscritta ai soli individui nati all’estero e in possesso di altra cittadinanza, quasi fossero nemici della patria, il profilo programmatico, avvertono i primi commentatori, giuristi e avvocati, di un’«estinzione collettiva» della cittadinanza fuori dal Paese. Il trionfo del nazionalsovranismo autarchico.

 
Corriere dell’italianità


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