Tragedia di Mattmark: le scuse del Vallese, le lacrime e la commozione per una svolta storica

Il mea culpa ufficiale del presidente Mathias Reynard a nome del governo cantonale si compie a suggello della 60sima commemorazione della catastrofe che costò la vita a 88 persone, di cui 56 italiani e 23 svizzeri.

Di Fabio Lo Verso 30 agosto 2025

Il presidente del Vallese Mathias Reynard (secondo da sinistra) incontra i figli di Giuseppe Audia, vittima della catastrofe di Mattmark: da sinistra, Angela, Giovanna (ancora in fasce alla morte del padre) e Paolo. © Mattmark, 30 agosto 2025.

 

Un uomo scoppia in lacrime, si copre il viso con le mani, la testa china, accanto una coppia si stringe in un abbraccio, gli occhi umidi brillano per l’emozione, il pubblico si commuove per le parole improvvise del giovane presidente del Vallese Mathias Reynard: «Vi facciamo le nostre scuse, riconosciamo la vostra sofferenza, riconosciamo i nostri errori, e affermiamo che la vostra memoria à anche la nostra».

Parole inaspettate e coinvolgenti, rivolte alle famiglie delle vittime della tragedia del 30 agosto 1965, e a tutta la comunità italiana, di ieri e di oggi, a nome del governo cantonale, con il pathos genuino, accorato del socialista vallesano, 38 anni, ex consigliere nazionale. Scatta la standing ovation, la platea, con oltre 500 persone, risponde con un lungo applauso.

L’intervento pronunciato da Mathias Reynard è travolgente. «Chiediamo scusa, scusa, scusa», scandisce con forza il presidente del Cantone. Una triplice spaccatura nel macigno della «freddezza istituzionale» che ha coperto la storia della più immane catastrofe edile della Svizzera. «Chiediamo scusa a tutte le famiglie, a tutti i parenti, a tutti coloro che hanno portato questo dolore per sei decenni», prosegue. «Chiediamo scusa a tutta la comunità italiana, a quella venuta a lavorare in Vallese, come a quelle rimasta in patria.»

«Il nostro temperamento elvetico è sì caratterizzato da una certa riservatezza», aggiunge il politico vallesano: «Ma ciò non giustificava in alcun modo la mancanza di calore, presenza e sostegno che le famiglie si aspettavano e meritavano».

«La gestione umana della tragedia è stata disastrosa». Se assolve la Confederazione elvetica, Mathias Reynard fa portare tutto il carico della responsabilità al suo Cantone, all’atteggiamento delle autorità vallesane dell’epoca, alla loro glaciale indifferenza: «La mancanza di sostegno e assistenza, così come i procedimenti giudiziari che ne sono seguiti, hanno aggiunto dolore al dolore». Alle lacrime ora si aggiungono i singhiozzi fra le famiglie delle vittime.

Il presidente vallesano evoca la vergogna del processo del 1972, il ricorso in appello e la conclusione che il crollo del ghiacciaio fosse «imprevedibile». Con il verdetto di assoluzione in pochi secondi è stata azzerata ogni responsabilità. Sette anni prima in pochi secondi sono state sepolte sotto il ghiaccio 88 persone, di cui 56 italiani, 23 svizzeri, e nove di altre nazionalità, fra cui un apolide: 86 uomini e due donne, una italiana e l’altra svizzera. Soltanto vent’anni dopo, nel 1985, è stata eretta una lapide commemorativa.

«Alle famiglie è stato imposto il pagamento di una parte delle spese processuali», rammenta Reynard, riacutizzando un’insanabile ferita: «Questa decisione, percepita come ingiusta e incomprensibile, ha accentuato il senso di abbandono, in particolare all’interno della comunità italiana».

La svolta storica del presidente Reynard è accolta con i «più sentiti ringraziamenti» dal deputato Pd Toni Ricciardi, storico delle migrazioni e delle catastrofi all’Università di Ginevra, autore di Morire a Mattmark (Donzelli 2015, ristampato nel 2025), un libro in cui c’è tutto, e c’è soprattutto questa tremenda testimonianza: «Niente rumore. Solo, un vento terribile e i miei compagni volavano come farfalle. Poi ci fu un gran boato, e la fine. Autocarri e bulldozer scaraventati lontano». Senza il lavoro di ricerca di Ricciardi, «l’ultima tragedia dell’emigrazione italiana» sarebbe rimasta avvolta nell’oblio.

«Finalmente un atto di giustizia e di coraggio», dichiara Domenico Mesiano, presidente del Comitato ad hoc Mattmark 2025, strenuo organizzatore delle commemorazioni annuali e guardiano, assieme a Ricciardi, della memoria della tragedia.

«Abbiamo assistito a una pagina di storia che si scriveva sotto i nostri occhi», commenta Maria Chiara Prodi, segretaria generale del Consiglio generale degli italiani all’estero (Cgie): «L’emozione era palpabile fra le centinaia di persone presenti, il discorso di Mathias Reynard ha cambiato le carte in tavola. Grazie al presidente del Vallese per il coraggio e per aver dimostrato il potere bello della politica!».

La segretaria del Pd Elly Schlein, venuta da Roma «per onorare la memoria dei familiari delle vittime e dei superstiti», ha anch’essa ringraziato il presidente Reynard che «per la prima volta ha offerto le scuse ufficiali del Cantone del Vallese per quanto accaduto 60 anni fa». L’abbraccio intenso di Schlein e Reynard, fra la folla commossa attorno ai due leader politici, è il suggello di una giornata passata alla storia.

 
Corriere dell’italianità


Dal 1962 la voce della comunità italiana in Svizzera

https://corriereitalianita.ch
Indietro
Indietro

«Mattmark non è solo un ricordo di dolore, è anche una lezione di responsabilità»

Avanti
Avanti

«A nome del Governo vallesano, desidero presentare delle scuse ufficiali»