Guerra e pace, parole a testa in giù
Di Fabio Lo Verso direttore 1 maggio 2025
Trump questa volta non c’entra, non è stato lui a travisare il nobile concetto di «pace», a farlo coincidere con l’anomala ingiunzione del «darla vinta all’invasore», cioè ora a Putin. Ma è stato lui per primo ad averla messa in atto, privando l’Ucraina delle armi e poi dell’intelligence satellitare. Ha praticamente disarmato un popolo invaso, e compiuto lo slogan mortifero dei mille sofisti del pacifismo: stop agli aiuti militari all’Ucraina.
Ora se neghi le armi a Zelensky e invece le lasci in mano a Putin, non è che per caso vorresti darla vinta al dittatore russo? Ben prima di incidere nella mente altalenante di Trump, questo concetto fake di pace ha serpeggiato a lungo fra partiti politici e cortei pseudopacifisti, talk show frettolosi, giornali e social mercenari. In ultimo ha messo radici alla Casa Bianca, si è conficcato nella vetta dell’Occidente.
«La pace, è darla vinta all’invasore», un frastornante paradosso che sembra uscire dritto dalla distopia orwelliana, e nemmeno Orwell forse era arrivato a tanto. Quel dito puntato di Trump nello Studio Ovale verso Zelensky, con la strampalata accusa al presidente ucraino di non volere «la pace», è parso allora un indecifrabile monito. Bastava tradurre queste due parole con «darla vinta a Putin» per capire cosa intendesse il tycoon newyorkese.
Che Zelensky non voglia piegarsi al dittatore russo, è questa la ragione che incarognisce mezzo mondo, e ora pure il miliardario assurto a leader mondiale del «KISS», acronimo di Keep It Simple, Stupid (falla facile, stupido), lo slogan di Bernie Madoff per intenderci, il più grande truffatore della storia. Eddai Zelensky, falla facile, clown, rinuncia ai territori occupati dalla Russia, tanto non puoi «vincere».
Non si sa quale sarebbe stato il giudizio di Stalin se gli avessero intimato di fare lo stesso con Hitler, se l’avessero messo sotto torchio a mezzo stampa per aver opposto una strenua resistenza al Führer, aver combattuto per la libertà del popolo russo che adesso è quello di Putin. Nel diluvio di propaganda che separa la mente dalla realtà, l’obiettivo della resistenza, della sopravvivenza di un popolo, è capovolto nel suo opposto, «l’arroganza della vittoria». Perfida trasmutazione semantica.