La povertà assoluta dilaga in Italia
Dal 2005 le persone in povertà assoluta sono triplicate. Oggi il fenomeno riguarda 5,7 milioni di cittadini e oltre 2,5 milioni di famiglie. La crescita economica e l’aumento dell’occupazione (precaria) di cui si vanta il governo non bastano a fermare l’impoverimento che colpisce soprattutto donne, minori e famiglie straniere.
Di Matteo Galasso 1 settembre 2025
Nel Belpaese, un cittadino su quattro vive ormai a rischio povertà, cioè il 23,1% della popolazione, pari a circa 13,5 milioni di persone, in crescita di 133mila unità rispetto all’ultima rilevazione del 2023. Nel Mezzogiorno, la quota raggiunge picchi del 40% in alcune zone, e in Europa solo Paesi come la Bulgaria, la Romania e la Grecia registrano percentuali peggiori. Non si tratta soltanto di disoccupati, a scivolare verso il basso sono anche i lavoratori precari, le famiglie monoreddito, i malati costretti a rinunciare alle cure pur di arrivare a fine mese.
La frattura aperta con la crisi del 2008 è diventata una condizione permanente. Ma la vera emergenza è la povertà assoluta, che per l’Istat significa non riuscire a coprire neppure le spese minime per alimentazione, beni primari, cure e bollette. Non si parla di saltare le vacanze ma – in alcuni casi – dell’impossibilità di garantire tre pasti al giorno a sé e ai propri figli. Nel 2005 questa condizione riguardava il 3,5% della popolazione: in vent’anni la quota si è triplicata, quando altri Paesi europei sono riusciti a contenerla.
La fragilità non risparmia più neppure le aree economicamente più solide. Negli ultimi dieci anni, le famiglie in povertà assoluta sono quasi raddoppiate al Nord, con un incremento del 97,2%, superando in numeri assoluti il Mezzogiorno, che resta comunque l’area più debole in percentuale, con un’incidenza del 10,2%.